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La Chiesa lotta contro l'AIDS?

La distribuzione sempre più diffusa di preservativi tra i giovani non è, purtroppo, un mezzo efficace contro la diffusione dell'AIDS: gli studi mostrano che, quando gli incontri sessuali si moltiplicano, ci si stanca del preservativo. Al contrario, lo sviluppo di un comportamento responsabile, di un'etica dell'amore, sono il miglior baluardo contro la diffusione della malattia.

La Chiesa combatte contro l'AIDS richiamando a questa etica dell'amore. Parla della bellezza dell'amore umano. E' il Papa , e non personaggio di grido ad aver detto queste parole: «L'uomo non può vivere senza amore... la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l'amore, se non si incontra con l'amore, se non sperimenta...» («Redemtor hominis», 10).

La Chiesa afferma, inoltre, che la sessualità, intesa come rapporto sessuale, è inseparabile dall'amore, e che ha scarso significato se associata ad un gesto di diffidenza, di difesa: il preservativo. Non vi sembra strano dire: «Ti amo, mi dono a te completamenie... però non mi fido e quindi mi premunisco...»? Che ne pensate?

I vescovi di tutto il mondo hanno parlato varie volte dell'AIDS, conoscono bene le situazioni drammatiche e le sofferenze che esso comporta. Hanno detto, tra l'altro: «Il fatto di ridurre la preventione dell'AIDS solo all'uso di metodi profilattici (cioè di prevenzione) è molto discutibile». Anche alcuni preti, impegnati nella lotta contro questa terribile malattia, si sono espressi più volte. Sono di don Piero Gelmini, della Comunità Incontro, le seguenti parole: «L'AIDS non è un mostro, non è la peste del segolo. E' una malattia che si cura con lÕamore e con la scienza»

Quanto ai malati e ai sieropositivi - cioè coloro che sono portatori del virus senza avere ancora 1 sintomi della malattia - la Chiesa li occoglie e lotta contro il loro isolamento da parte della società, organizzando per esempio in alcune città centri di accoglienza (come la Comunità Promozione Umana di Milano o il CEIS di Roma,...) e servizi di ,assistenza (per esempio il progetto S. Marco del Gruppo Abele di Torino, per le madri tossicodipendenti con figli sieropositivi) ed anche proponendo una pastorale specifica (come 1'«Arché», associazione fondata da padre Giuseppe Bettoni, a Milano, per l'assistenza morale e spirituale delle persone malate di AIDS).

Riassumendo, la Chiesa è per l'amore e per la vita. Essa propone per la prevenzione una strategia più efficace e a lunga portata del preservativo, e più degna dell'amore. Vale la pena di provare a comprendere.

Il preservativo viene di solito presentato come l'unico mezzo di prevenzione contro l'AIDS. Di fronte all'impotenza della medicina che, ce lo auguriamo, sarà solo temporanea, vengono proposte ai giovani misure profilattiche che, attualmente, non sono riconosciute, da alcuni specialisti, come totalmente affidabili. Non significa far correre a questi giovani un rischio enorme? La concezione dell'amore che sta sotto a queste campagne di informazione, non è forse limitata? L'amore non è dono di sé per la felicità dell'altro, dono che comporta fiducia, impegno e fedeltà?

Testimonianza

Michele e Giovanni, 26 e 28 anni, potete dirci come siete diventati sieropositivi?

Michele: Ho avuto una storia caotica. Credo che tutto sia cominciato quando avevo 16 anni. Dopo il trasferimento in un'altra città, mi sono ritrovato da un giorno all'altro lontano dai miei punti di riferimento: amicizie, attività, ecc. Sono caduto in depressione. I rapporti con i miei genitori sono diventati sempre più difficili e mi sono completamente chiuso in me stesso. Poi ho lasciato la mia famiglia per andare a Parigi, dove ho iniziato a frequentare i bar, le saune... ho incontrato degli omosessuali e mi sono lasciato andare.

Giovanni: Anch'io ho lasciato la mia famiglia per un colpo di testa, e sono andato a lavorare in una stazione sciistica, dove ho incontrato una ragazza di Parigi. Mi sono innamorato di lei ed ho voluto raggiungerla; abbiamo iniziato a convivere. Ma volevo sapere tutto della vita. Qualche tempo prima, avevo incontrato sulla Costa Azzurra dei travestiti e avevo passato alcune serate con loro, parlando e fumando. Poi, un giorno, sono passato all'atto. Arrivato a Parigi, ho iniziato ad uscire, a frequentare locali, e una sera, siccome volevo sempre superare gli altri, mi sono ritrovato al Bois de Boulogne. Ero mezzo ubriaco. Alcuni travestiti mi hanno proposto di accompagnarli nel loro appartamento. Abbiamo continuato a bere, ed abbiamo avuto rapporti sessuali. Penso sia avvenuto in quell'occasione.

Come avete reagito quando lo avete scoperto?

Michele: Per me è stato uno choc enorme. Da molto tempo sentivo che dovevo cambiare vita, ma continuavo a lasciarmi andare. Credevo di essere libero perché potevo fare tutto quello che volevo; ho capito allora che questa presunta libertà portava invece alla morte...

Giovanni: Fortunatamente per me, la mia ragazza mi vuole veramente bene e non mi ha piantato. Ma mi sono chiuso completamente in me stesso. Senza lavoro, restavo a casa per ore intere. Poi, un giorno, nella sala di attesa del mio medico, ho trovato il volantino di un centro di accoglienza: «Devi solo bussare alla porta... » e ci sono andato.

Adesso entrambi avete ritrovato la fede. Casa pensate del vostro passato?

Michele: Per quanto mi riguarda, ora so che cosa mi ha portato a vivere in quel modo: la solitudine e l'orgoglio. Di fatto cercavo l'amore, ma andavo alla sorgente sbagliata. Fin dall'infanzia, sicuramente a causa di una ferita interiore, mi ero chiuso in me stesso. Cercavo l'amore ed allo stesso tempo ne avevo terribilmente paura.

Che peso può avere l'orgoglio in questi casi?

Giovanni: L'orgoglio porta a chiudersi completamente in se stessi.
Capisco adesso che, quando avevo un problema, non ne parlavo perché pensavo che sarei stato preso in giro e allora mandavo sempre tutto giù.
Se dovessi dare un consiglio ai giovani, direi loro innanzi tutto di abbassare la testa, di non portare i propri pesi da soli, di non cercare di cambiare il mondo. È un'illusione. L'orgoglio è meglio chiuderlo nell'armadio!

Casa direste, ad esempio, ai giovani ai quali viene offerta della droga?

Giovanni: La droga e l'alcool sono la stessa cosa. Io, per esempio, ho iniziato a fumare spinelli da giovane, intorno ai 14 anni e, ripensandoci, capisco che è da allora che ho cominciato ad andare male a scuola. Per tutta la settimana pensavo al week-end, quando avrei potuto fumare e bere per sentirmi meglio: era come un'evasione! Ma si tratta di una evasione finta. I tuoi problemi e la tua vita non cambiano per niente.

Michele: La mia droga era il sesso. Sì, il sesso può essere una vera e propria droga. Tutta la settimana pensavo alle serate in cui mi sarei divertito e vivevo soltanto per quel momento. Sapevo che mi facevo del male, ma non riuscivo a smettere. Penso che, come diceva adesso Giovanni, la prima cosa da fare quando si è tentati da questo tipo di esperienze, sia parlarne, trovare qualcuno in cui si ha fiducia . un genitore, un amico, un professore, ...- e dire tutto subito. Senza vergognarsi. Siamo come siamo. Da soli è impossibile resistere.

Ma non si capisce che non si hanno più vie d'uscita?
Michele: Si sente benissimo che si sta cadendo in un pozzo. Avrei voluto morire, ma continuavo, perché volevo andare fino in fondo.

Anche se questo fondo era la morte?
Michele: Proprio perché era la morte. Sembrava essere la sola liberazione, perché non riuscivo più a risalire la china.

Che cosa pensate dell'omosessualità?
Michele: Adesso posso dire che mi ha distrutto. Può darsi che la mia, adesso, sia una reazione di fronte alla morte che mi minaccia. Non so.

Pensi che un omosessuale possa cambiare tendenza?

Michele: Nel mio caso sì, perché a 16 anni avevo la ragazza. Solo verso i 18 anni ho iniziato a tendere verso gli uomini. E, all'inizio, lo facevo più per trovare un fratello maggiore che altro. Ora penso di sentirmi sessualmente attratto dalle ragazze.

E con il cuore, ti senti portato verso di loro?

Michele: Sì, credo che avrei molto più bisogno di amare una ragazza con il cuore che in un qualsiasi altro modo. Inoltre, la cosa che mi ha fatto soffrire di più quando ho saputo di essere sieropositivo è stato il pensiero che non avrei potuto avere figli...

Giovanni: Per quanto mi riguarda, passo dire che le mie esperienze omosessuali sono sempre state deludenti sul piano affettivo. L'ultima volta, quella famosa sera al Bois de Boulogne, speravo che il rapporto con quel travestito sarebbe stato anche l'occasione per parlare, per fare conoscenza.
Ma se n'è andato subito dopa, e mi sono ritrovato completamente solo... È sintomatico: fai di tutto per infrangere la tua solitudine e ti ritrovi sempre più solo. Così cominci a fare delle sciocchezze, e ne devi fare sempre di più perché ti senti sempre più solo...

Che cosa è cambiato con la conversione?

Giovanni: Tutto. Mi ha colpito molto la messa di Natale. E da quel momento tutto si é sbloccato nella mia testa. Sul mie letto di ospedale, con 40" di febbre, ho scritto una lettera affettuosa a mia madre.
E' venuta subito a trovarmi in ospedale con mio padre, e ci siamo riconciliati. Ora ho una voglia matta di conoscerli, di volergli bene, perché, di fatto, non li conosco! Un altro dettaglio: mi mangiavo le unghie dall'età di 10 anni per scaricare il mio nervosismo... da tre mesi ho smesso!

Michele: Anch'io sono cambiato: prima ero duro, aggressivo, non mi interessavo per niente degli altri. Adesso ho voglia di conoscerli e di amarli così come sono, anche con i loro difetti.
Ho anche deciso di andare a trovare i malati di AIDS in ospedale. Avrò bisogno di Cristo, perché è su di Lui che scaricherò le mie paure e le mie angosce al pensiero che anch'io diventerò come loro. Ho bisogno di pregare ogni giorno perché, se non prego, ricomincio a fare sciocchezze.

Come vedete la vostra vita, ora?

Michele: Per me è semplice: so che la mia unica salvezza è l'amore. Solo credendo all'amore avrò il coraggio di vivere. A volte mi dico che non mi ammalerò mai, che tra cinque o sei anni troveranno una cura, e che fin da ora posso rifarmi una vita... Non è niente di sicuro, ma prego per questo.

Giovanni: Siamo malati, forse moriremo presto, ma posso dirvi che siamo felicissimi di vivere, ed è la prima volta che ci capita!

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